Storia di Crema

L'antichità

Il Cremasco era abitato da popolazioni Celtiche. L’area ha restituito infatti, testimonianze archeologiche della cultura di Golasecca e della civiltà di La Tène che risalgono fino al IV sec. a.C. Il territorio è compreso tra il medio corso dell’Adda e dell’Oglio, in una zona di confine tra i due principali gruppi celtici della Gallia Cisalpina: gli Insubri, il cui centro principale era Mediolanum (Milano) e i Cenomani, aventi come capoluogo Brixia (Brescia).[6] Lo stesso toponimo Crema potrebbe essere di origine celtica, da Creamh (aglio).

Essendo le origini della città legate all’invasione longobarda del VI secolo d.C.; il nome potrebbe derivare anche dal termine longobardo Crem (altura). Secondo la tradizione, la fondazione della città risalirebbe al 15 agosto 570 quando, di fronte alla minaccia rappresentata dall’invasione longobarda, gli abitanti della zona trovarono rifugio nella parte più elevata dell'”isola della Mosa”, approntandola a difesa sotto la guida prima di Cremete, conte di Palazzo, e poi di Fulcherio. Da questi due personaggi deriverebbero perciò i toponimi Crema e Insula Fulcheria.
Secondo altre fonti la sua fondazione risale invece al IV secolo, quando Milano era capitale dell’Impero romano d’Occidente..

Il Medioevo

La prima occorrenza di Crema nei documenti storici risale all’XI secolo come possedimento dei conti di Camisano.
In seguito venne governata da Bonifacio marchese di Toscana e sua figlia Matilde che, nel 1098, la donò al vescovo di Cremona. Durante questo periodo l’agricoltura prosperò e l’Ordine degli Umiliati introdusse la lavorazione della lana, che costituì una delle principali risorse economiche fino al XIX secolo.

Nel 1159, dopo aver stretto un’alleanza con Milano contro la ghibellina Cremona, Crema venne assediata, conquistata e distrutta dall’imperatore Federico Barbarossa.
L’assedio di Crema fu caratterizzato da molti episodi di brutalità: i teutoni appesero alcuni prigionieri cremaschi alle loro macchine belliche sperando che i difensori non colpissero gli ostaggi. Tuttavia questo espediente non funzionò e si trasformò in una carneficina: questo episodio è uno dei più famosi della storia cremasca ed è celebrato da un quadro presente nella sala del Consiglio Comunale, detta appunto “sala degli Ostaggi Cremaschi”, a cui è dedicata anche una via.

Con la pace di Costanza (1185) arrivò il permesso di ricostruire la città come “castrum”. Ne seguì una fase di libero comune in cui comunque si verificarono lotte faziose, tipiche dei comuni del Nord Italia in quell’epoca. In ogni caso, la città venne fortificata con nuove mura, fossati e porte (1199), e successivamente una rete di canali valorizzò l’agricoltura.

Nel XIII secolo Crema venne anche arricchita della costruzione della Cattedrale e del Palazzo Pretorio. Per staccarsi anche come giurisdizione ecclesiastica da Cremona la città scelse di dipendere dalla più lontana diocesi di Piacenza, a sua volta poi parte allora della provincia ecclesiastica di Ravenna, e tale situazione durò fino al 1580 quando fu eretta la diocesi di Crema.

L’autonomia del comune ebbe termine nel 1335, quando la città si arrese ad Azzone Visconti, la cui famiglia possedette la città fino alla fine del secolo.
Nel 1361 Crema fu interessata dalla peste bubbonica. Seguì un breve periodo di regno della famiglia guelfa Benzoni (Bartolomeo e Paolo dal 1403 al 1405, successivamente il loro nipote Giorgio fino al 1423). La signoria passò di nuovo ai Visconti e, dal 1449 in poi, alla Repubblica di Venezia.

 

La sudditanza alla Serenissima

Secondo i documenti custoditi negli archivi della diocesi, Crema fu anche la città d’origine dei Mastai Ferretti, la famiglia senigalliese di papa Pio IX. Secondo una ricerca operata dal parroco del paese d’origine dei Visconti, anche il famoso Innominato, descritto da Manzoni ne I promessi sposi, aveva origine cremasca da parte di madre. 

Vissuto ai tempi in cui Crema era sotto il dominio della Serenissima, aveva appezzamenti agricoli dalle parti di Bagnolo, pur essendo nato e vissuto nel Palazzo Visconti a Brignano Gera d’Adda, un gioiello di architettura e di fasto vicino a Crema. Brignano era sotto il dominio del Ducato di Milano, perciò a Francesco Bernardino Visconti (l’Innominato) capitò di rifugiarsi nel palazzo Martini, che allora era sotto il dominio della Repubblica di Venezia e che apparteneva alla famiglia di sua madre Paola Benzoni. 

In tal modo Francesco Bernardino sfuggiva alla giustizia milanese e anche trovava asilo in una piccola città dove nella Parrocchia della Cattedrale di Crema, un Benzoni, Leonardo Benzoni figlio di Soccino Benzoni, si laureò alla Sorbona a Parigi e, successivamente, divenne vescovo (non a Crema); era stato quindi un esponente religioso importante (su un capitello del Palazzo esiste tuttora lo stemma di Leonardo Benzoni, un cappello vescovile che sovrasta un cane, simbolo dei Benzoni. 

Per queste circostanze il nipote di Leonardo Benzoni, Francesco Bernardino Visconti (l’Innominato), poteva sperare di ricevere un maggior riguardo a Crema rispetto a quello che gli sarebbe toccato nel Ducato di Milano, oltre all’inopinabile vantaggio di cambiare velocemente Stato e confini politici in caso di necessità (dal Ducato di Milano alla Repubblica di Venezia) e, quindi, uscire in breve tempo dalla giurisdizione milanese.

L'età contemporanea

Nel XVII secolo ebbe inizio la decadenza della città, causata dal fallimento delle sue attività industriali, anche se l’agricoltura continuò a essere fiorente. Nel 1796 venne fondata l’Accademia dell’Agricoltura.

Alla caduta della Serenissima nel 1797, l’esercito francese depose l’ultimo podestà e creò la cosiddetta “Repubblica Cremasca”, annessa dopo pochi mesi alla Repubblica Cisalpina. Crema divenne capoluogo (insieme con Lodi) dell’effimero Dipartimento dell’Adda, e in seguito fu annessa al Dipartimento dell’Alto Po, con capoluogo Cremona.
Dal 1810 al 1816 furono annessi alla città di Crema i comuni suburbani di Castelnuovo, Ombriano, Porta Ombriano, San Bernardino con Vergonzana, San Michele, Santa Maria della Croce e Vairano.

Nel 1815, l’impero napoleonico si dissolse e Crema divenne parte del Regno Lombardo-Veneto, dipendente dall’Impero austriaco. In questo periodo la città riprese lo status di capoluogo, questa volta della provincia di Lodi e Crema[9].

Cittadini cremaschi che ebbero un ruolo di rilievo nelle vicende risorgimentali furono Enrico Martini, Vincenzo Toffetti e Pietro Donati.

Dopo l'Unità d'Italia

Crema fu annessa al Regno di Sardegna, con tutta la Lombardia tranne Mantova e parte della sua provincia, nel 1859, degradata a capoluogo dell’omonimo circondario nella provincia di Cremona. Dal 1861 fece parte del Regno d’Italia.

Nel 1862 fu toccata dalla ferrovia Treviglio – Cremona, e nel 1880 dalla tranvia interurbana a vapore Lodi – Crema – Soncino (eliminata poi nel 1931). Iniziò un importante sviluppo industriale e demografico.

Nel 1875 al comune di Crema vennero aggregate la frazione Molini di Porta Nuova, già appartenente allo smembrato comune di Vairano Cremasco[10], e la frazione San Bernardino, staccata dal comune di San Bernardino.

Nel 1928 furono aggregati alla città di Crema i comuni di Ombriano, San Bernardino e Santa Maria della Croce.

Il 18 giugno 1944, nel corso di un rastrellamento di prigionieri di guerra effettuato dalla GNR di Crema, venne ucciso con un colpo di arma da fuoco il prigioniero di guerra Demetrios Dermarabolo.

Al referendum del 2 giugno 1946 il 66,9% degli elettori cremaschi votò a favore della Repubblica e solo il 33% per il mantenimento della monarchia. Nelle prime ore notturne tra l’11 e il 12 giugno 1946, una forte esplosione per un attentato di matrice repubblicana al monumento a Vittorio Emanuele II in piazza Roma svegliò di soprassalto i cremaschi residenti in centro città e infranse, per la sua forza d’urto, numerosi vetri delle abitazioni e dei negozi circostanti, posti a parecchi metri di distanza.

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